Francesco Trombadori

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Biografia breve di Francesco Trombadori

Francesco Trombadori (Siracusa 1886 - Rome 1961) è stato un pittore del XX secolo. Figlio di Antonino Trombatore, benemerito libraio siracusano, frequenta nella città natale la scuola tecnica, appassionandosi di pittura. Si trasferisce a Roma nel 1907e segue i corsi all'Accademia di Belle Arti. Dalla prima personale, nel foyer del Teatro Massimo di Siracusa (1911), emergono riferimenti divisionisti e simbolisti. Nel 1913 frequenta lo studio del pittore divisionista Enrico Lionne. Alla II Mostra della Secessione romana (1914) espone Canzone siciliana firmandosi "Franz Trombadori d'Ortigia". Sin dagli anni dell'Accademia frequenta la terza saletta del Caffè Aragno, dove si riunisce il milieu intellettuale romano. Verso il 1920 prende lo studio a Villa Strohl-Fern, che terrà sino alla morte. Alla XC Esposizione della Società Amatori e Cultori di Belle Arti di Roma (1921) presenta il suo capolavoro del periodo divisionista, Siracusa mial (1919). Nel 1917-'18 entra in contatto con il gruppo di Valori Plastici". La I Biennale romana (1923) segna la svolta del suo lavoro in senso purista, o, come fu genericamente definito, "neoclassico". Il Ritratto di signorina, pur se stroncato da Emilio Cecchi, si segnala per il nitore della visione, l'attenuazione dei contrasti, la preziosità dell'impasto e dei rapporti. Nel 1924 è alla Galleria Pesaro di Milano con i "Venti artisti italiani" introdotti da Ugo Ojetti all'insegna del "ritorno all'ordine" che preannuncia il "Novecento" e il "realismo magico" europeo. Espone, fra l'altro, una notevole Natura morta col canestro di frutta e il piatto olandese (1923 c., Roma, Galleria Nazionale d'Arte Moderna), di severa e rigorosa impostazione, dove il piatto bianco e blu allude agli amati Vermeer e Peter de Hooch. Nello stesso anno è per la prima volta alla Biennale di Venezia, dove sarà invitato fino al 1954. Circa la sua presenza alla II Biennale romana (1925) Roberto Longhi annota tempestivamente la sorprndente "inclinazione nordica, all'olandese", del pittore siracusano, rilevando al tempo stesso la sua intima, sostanziale divergenza rispetto al Novecento. Inizia a collaborare come critico e recensore su periodici e quotidiani, L'Epoca", L'Opinione","Il Giornale d'ltalia", Il Piccolo" di Trieste, Il Mattino" di Napoli, "Gente Nostra". Dimostra, fra l'altro, intuizioni notevoli, segnalando i giovani Mafai e Scipione e il giovanissimo Guttuso. Nel 1926 partecipa alla I Mostra milanese del Novecento italiano curata da Margherita Sarfatti, cui seguono "Dieci artisti del Novecenti italiano" alla XCIII Esposizione Amatori e Cultori di Belle Arti (1927); alla II Mostra del Novecento al Palazzo della Permanente di Milano (1929), dove espone L'Isola Tiberina (1928); ad *Artisti della nuova Italia - Kunstler des neuen Italien" alla Kunsthalle di Berna (1930); alle mostre del Novecento a Buenos Aires (1930), Stoccolma (1931) e Oslo (1931-32); all'Esposizione internazionale d'arte di Barcellona (1930); alla "Exhibition of Contemporary ltalian Painting al Museo di Baltimora (1931). Partecipa inoltre alle esposizioni della Quadriennale romana sin dalla fondazione (1931) e alle Sindacali del Lazio (dal 1929). In quegli anni la sua pittura, in prevalenza nature morte e paesaggi, an- che se non mancano notevoli esempi di ritrattistica come Autoritratto (1932) e Ritratto di Antonello (1932), tocca una purezza astratta, quasi ingresiana, nel modellare spazio e volume (Maltese), in una difficile ricerca di equilibrio fra realtà e museo, come in Fanciulla nuda (1932, Palermo, Galleria Civica d'Arte Moderna), e in Natura morta con cavoli e frutta (1925 c.). Nel 1938 compare una sua monografia, con testo del poeta Adriano Grande, nelle edizioni di "Circoli", alle cui iniziative editoriali Trombadori collabora intensamente. Indicativo, per comprendere tutta una declinazione della sua ricerca sulla natura morta, il notevole articolo su Caravaggio e lo sviluppo della natura morta nel Seicento napoletano con Ruoppolo e Recco. Negli anni della guerra la sua partecipazione alle mostre è limitata. Dopo la guerra si apre l'ultimo periodo della sua produzione, in chiave neometafisica e morandiana. Dipinge soprattutto vedute di Roma, "una Roma incantata, desertica, d'alto meriggio" (Longhi)

FONTE: ROMA ANNI VENTI

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